Editoriale
Siamo
cresciuti un po’ tutti con la voglia di “diventare” e con il l’ideale del
cambiamento. Sviluppare la nostra personalità è sempre stato, fin da piccoli, l’obiettivo
che ci veniva richiesto, pena la catalogazione nella categoria degli smidollati.
Al lavoro ci è stato detto di innovare, di essere originali, di saper essere
dei leader. Ma cosa rimane degli altri? Di quelli che non prevalgono, e di
coloro che non vincono? La maggior parte della gente insomma.
Differenziarsi
è divenuto nel tempo sinonimo di un atteggiamento di ricerca e di intellettualità;
essere contro poi, l’icona di un certo modo di chiedere giustizia e di fare
opinione. Apparire alternativi e anticonformisti infine è addirittura diventato
uno stile.
Il
cambiamento è insito nella natura delle cose ma quando diventa un mito perde la
sua spontaneità e corre il rischio di appesantirsi del falso ideale dell’anticonformismo.
L’atteggiamento più immediato ed istintivo, quando le cose non sembrano funzionare,
è quello di rifiutarle o di volerle modificare. Un mutamento tuttavia non dovrebbe
ridursi ad una demolizione
per essere efficace, non è obbligato a contestare per mirare ad un obiettivo
diverso ma può mettere in moto nuove energie creative
per aspirare ad un miglioramento di ciò che già esiste. Sapersi conformare alle
buone pratiche, senza perdere di vista il fine, è non solo una via di pace ma
anche una scelta di coraggio etico. Questa è l’alternativa conformista. Quella
che assume lo stato delle cose come il frutto di una lunga stratificazione
cronologica di impegno e di aggiustamenti, di sbagli e di apprendimenti, che con
il corso della storia hanno raggiunto il punto in cui si è.
Vedere il
bicchiere mezzo pieno significa riconoscere il lavoro del tempo e degli altri, accoglierne
i frutti con giudizio innocente ed
apportare con gratitudine il proprio contributo. La vera alternativa positiva non
è abbattere per rifare ma proteggere e prendersi cura
del buono per dargli maggior spazio. Nulla si crea ne si distrugge ma
tutto si trasforma, con umiltà e pazienza. Un atteggiamento buono prende naturalmente
il posto di quello cattivo, per empatia e per condivisione crescenti. Un cambiamento disgiunto da un autentico progresso morale rischia
di rivoltarsi su stesso.
L’alternativa
alla rivoluzione è l’evoluzione. Un mondo capace di evolversi con saggezza sa accogliere
e aspettare, apportare il suo canto al coro, al momento giusto e nella corretta
tonalità. Non limitarsi al perbenismo o alla passività ma saper indirizzare le
energie in modo consapevole. Pochi sono i leader e non sempre essi sono
illuminati ma tutti gli altri insieme sono gli edificatori
ed il loro ruolo è il più importante; quelli
consapevoli sanno interpretare e costruire, essere propositivi e collaborativi
senza smarrirsi nella lamentela e nella polemica; rendendo reale e sereno il
presente, così com’è.
Il cambiamento è la culla per il nuovo. Benvenuti quindi rinnovamento e buona volontà maturati con saggezza e
condivisi in modo nuovo e creativo. Benvenuti dibattiti sinceri e onesti e benvenuta ingenuità di chi non domina, di chi
accetta anche di non capire e di chi non giudica ciò che non conosce
ma si conforma con mitezza a ciò che è giusto. Vecchia sapienza con una nuova responsabilità.
Come il
liquido che prende la forma del contenitore in cui è posto, il vero alternativo
“è” il cambiamento creativo che non butta il bambino insieme all’acqua sporca,
ma che tiene tutt’e due e con l’acqua ci annaffia i fiori del giardino.
Luca Streri