Editoriale
La vita è difficile; riconoscerlo in maniera consapevole conferisce un
valore diverso alle fatiche e alle sofferenze. Quando non vediamo questa realtà,
il peso della vita può risultare insopportabile. Come se vivere dovesse essere
facile o se per gli altri lo fosse.
Il peso intrinseco dell’esistenza è il risultato dalla nostra finitezza
e dell’ignoranza nei confronti di ciò che è più grande di noi. Accogliere
questa verità è un atto di umiltà e di saggezza che può restituire serenità
anche ad un’esistenza difficile e incomprensibile. Affliggersi per ciò che non
si comprende o non si condivide è un approccio demolitore e involutivo. L’alternativa
è la riconoscenza per la nostra presenza, per ciò che siamo, la realizzazione consapevole
di quello che condividiamo e di tutto ciò che attorno a noi si manifesta. È la
via della gratitudine, l’atteggiamento di desiderare il bene di ciò a cui
apparteniamo.
Nulla è scontato ne perenne, non esistono diritti acquisiti per sempre o
sicurezze definitive, la vita è imprevedibile e guidata da qualcosa al di sopra
della nostra capacità di previsione e di controllo. Non importa quanto abbiamo,
piccolo o grande che sia, la gratitudine è una qualità del cuore che possiamo
coltivare tutti e si può e anche apprendere, può esser attivata attraverso la
coscienza e la volontà, scegliendo istante dopo istante che vita vivere, ma
soprattutto con quale atteggiamento. Non deve essere la felicità a
renderci grati, ma può essere la gratitudine a renderci felici, al di sopra di
ciò che va o non va. Dare valore ad ogni giorno e ad ogni cosa e anche quando
accade qualcosa di avverso cercare ragioni e valori in grado di giustificarlo. Se
critichiamo continuamente noi stessi e gli altri, ciò che non va bene, non
possiamo certo poi pretendere di essere gioiosi.
Nella nostra quotidianità ci comportiamo come se gratitudine e
apprezzamento fossero qualità da tirare fuori solo nelle occasioni molto
speciali, come il servizio d’argento delle grandi feste. Provare a vivere le
situazioni come la prima volta, uscire dallo sguardo abitudinario e dalla
scontatezza, cercare i dettagli di cose che già conosciamo, usare tutti i sensi,
questo è il modo per rendere pieno ogni istante. Soffermarsi ad apprezzare le
piccole cose comuni come il sole che sorge, il profumo di un fiore, una melodia
o semplicemente il fatto di non avere dolori o malanni, senza dare nulla per
dovuto. Indirizzare gesti e pensieri verso la bellezza e la semplicità, non c’è
bisogno di aspettare che avvenga qualcosa di speciale per essere grati.
Quando tutto va bene si rischia di diventare viziati e spesso sono proprio
i problemi della vita ad aprire alla gratitudine; guarire da una malattia per
esempio ci fa apprezzare la salute, fare la pace con qualcuno dopo un litigio ce
lo fa amare di più, quando si è stati vicini alla morte si impara a stimare di
più la vita.
La gratitudine da un senso immediato di felicità, nel momento esatto in
cui viene riconosciuta e poi prolunga la sua presenza nell’animo di chi la
sperimenta regolarmente.
Il vaso della gratitudine contiene i semi della riconoscenza e dell’umiltà
che germogliano quando sono innaffiati dalla pazienza, dalla contemplazione e quando
si riducono le aspettative. Così la fioritura del mondo incomincia ad emanare
tutto il suo profumo che prima forse si faceva fatica a sentire.
Qualcosa per cui essere grati è già attorno a noi anche adesso dopo
aver alzato gli occhi da questa pagina.
Luca Streri