Ci è sempre stato detto che a scuola bisogna essere bravi, persino i primi della classe, e che si deve fare sempre meglio degli altri. Ma l’educazione può prevedere anche i fallimenti come parte del percorso e istruire al valore dell’umiltà e del riconoscimento dei propri talenti e dei propri limiti.
È così che negli ultimi anni stanno nascendo in alcuni istituti italiani, accanto al mito dell’eccellenza, alcuni percorsi di insegnamento diversi, dove si insegna a bambini e adolescenti che non riescono a rientrare nella categoria dei migliori come accettare i propri limiti e trasformarli in qualcosa di positivo.
Accade nell’istituto comprensivo Borsi-Saffi di Roma, dove è attivo da un anno un progetto triennale che si chiama “Custodi dei semi”: un inno alla lentezza e alla capacità di saper perdere. “In una società basata sul successo, sul guadagno e sul vincere, riflettiamo sull’importanza e sul valore pedagogico del perdere”, spiega l’ideatore del progetto. “Da noi si perde tempo per darsi tempo”. I metodi utilizzano simulazioni e rotazione dei ruoli, con lezioni e sperimentazioni in cui gli studenti leader assumono il ruolo di perdenti per poi invertire le parti e analizzare le reazioni che ne scaturiscono.
I ragazzi hanno anche un giornalino scritto da loro che parla del benessere e di come raggiungerlo. “L’umiltà è sapere di essere in gamba,
ma non immuni da errori”, dice Alessio della seconda B. Mentre Valerio scrive: “Ogni mattina, quando mi alzo, so che
sarà una giornata fantastica”. Sara, la filosofa della classe, afferma invece: “L’energia
positiva fa emergere la forza del
bene contro il male”.