L’ambiente in cui si cresce è il luogo in cui si apprendono i valori e si fanno le scelte di vita. Per questo motivo intervenire sul ciclo perverso che si instaura nelle famiglie mafiose e nei circoli parentali della malavita, può fare la differenza.
Roberto Di Bella, presidente del tribunale dei minori di Reggio Calabria, parla del suo programma: “Stiamo provando a censurare il modello educativo mafioso nei casi in cui questo mette a repentaglio l’incolumità psico-fisica dei minori, nello stesso modo con cui si interviene a tutela di minori che hanno genitori maltrattanti, alcolisti o tossicodipendenti” dichiara, “da 4 anni abbiamo iniziato un percorso giurisprudenziale nuovo. Stiamo adottando provvedimenti di decadenza o di limitazione della responsabilità genitoriale e allontanamento dei ragazzi dalla famiglia”. “Non interveniamo in via preventiva solo perché la famiglia è mafiosa, ma quando il metodo educativo mafioso o il contesto determinano un concreto pregiudizio all’integrità emotiva, psicofisica del minore. Vogliamo fornire loro l’opportunità di sperimentare realtà sociali, culturali e anche affettive diverse da quelle del contesto di provenienza. Cerchiamo di fargli intravedere che esiste un mondo diverso, dove la violenza o l’omicidio non sono gli strumenti ordinari di risoluzione delle controversie, dove vi è parità di diritti tra uomo e donna.
Vorremmo rendere questi giovani liberi di scegliere".
In questi anni il programma ha visto evoluzioni imprevedibili: diverse madri hanno iniziato dei percorsi di collaborazione con la giustizia, altre si sono presentate per chiedere di allontanare i figli, o a volte anche per chiedere aiuto per loro stesse".
Fonte: Ansa – 12 giugno 2017