per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
Caporedattore de La Stampa, responsabile della cronaca di Torino. Racconta il mondo attraverso gli odori e i sapori.
Quale è il ruolo dell’informazione sul benessere della società?
L’informazione ha una grande responsabilità. Sempre di più bisogna valutare con attenzione quale può essere l’impatto che può avere una notizia a seconda del modo in cui viene data.
Basti pensare che non abbiamo mai avuto così tanti lettori, in termini assoluti, ma ora dobbiamo tenere conto del fatto che le nostre notizie vengono riprese e rilanciate dal mondo dei social e delle testate on-line, e ciò può portare a fraintendimenti e distorsioni. Per questo dobbiamo tenere sempre alta l’attenzione rispetto alle parole che utilizziamo. Ad esempio, una volta avremmo scritto con più leggerezza una notizia del tipo “arrestato un nigeriano”. Ora invece non parliamo di “italiano piemontese o nigeriano” ma parliamo di “persone”. Facciamo più attenzione al tipo di messaggio che mandiamo, per evitare che si dia adito a strumentalizzazioni.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Confido nel mestiere che facciamo. Il nostro sguardo non deve essere concentrato sul conflitto e sulla negatività, di queste notizie ce ne sono tante, è inutile aggiungerne altre. Dobbiamo invece concentrarci sulla storia che vogliamo rappresentare. Penso che sia necessario avere un punto di vista diverso, raccontare anche gli esempi positivi e le storie che danno un’altra prospettiva, alternativa alle solite storie.
Cosa è per lei una buona notizia? Tre elementi essenziali di una buona notizia
La buona notizia è qualcosa che cambia in positivo la vita delle persone. Semplifica la vita, offre una prospettiva sul mondo, offre una speranza. Attenzione però a che cosa significa offrire speranze, ad esempio in campo medico dare false speranze è forse anche peggio che dare una notizia negativa.
È importante raccontare le storie di chi ce l’ha fatta in qualche modo: con lo studio, l’impegno o anche grazie a un po’ di fortuna. È importante raccontare esperienze costruttive, mentre invece non serve a niente la continua ripetizione di storia sfortunate, come spesso vediamo sui giornali. Questa ridondanza di storie negative porta solo la gente che le legge a un senso di rassegnazione.
Il terzo elemento è dare la percezione che non viviamo in un modo in cui non si può fare altro che cedere alla rassegnazione, ma che ci possano essere esempi positivi e storie che ci aiutano a credere in noi stessi, a non arrendersi mai.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Non so quanto sono capace di fare emergere la buona informazione in tutti questi aspetti! Dal nostro punto di vista, della Stampa, la cosa principale che cerchiamo sempre di fare è il fact checking, cioè la verifica delle informazioni che pubblichiamo, l’attenzione nel dare notizie vere.
Poi per me è molto importante avere occasioni per dialogare con i ragazzi, per capire come loro percepiscono la realtà. Il confronto con i ragazzi è per me il modo per uscire dal grigiore di una realtà vista sempre attraverso il monitor di un computer. Le nuove generazioni di solito non attingono all’informazione attraverso un giornale tradizionale, utilizzano altri strumenti, ma arrivano comunque all’informazione.
Parlando con loro, confrontandosi con i ragazzi, si vede che il mondo in realtà è molto meglio di quello che noi raccontiamo sui giornali. Di solito si tende a dire che il mondo sia sempre peggio, ma non è così. E i giovani ce lo fanno capire. Per me è importante approfittare di questo dialogo e del confronto con i ragazzi per stare sul cambiamento, è un’occasione per capire la realtà.
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