Il Sudan ha reso la mutilazione genitale femminile fuori legge, inserendo un nuovo articolo alla legge penale del Paese che punisce severamente questa pratica.
Circa 9 donne su 10 nel Sudan hanno subito l’infibulazione, secondo i dati delle Nazioni Unite, una procedura che prevede la rimozione di parte dei genitali femminili. Questa usanza trova in Sudan una delle più alte percentuali di applicazione a livello globale. La nuova legge rende punibile ogni tipo di menomazione genitale femminile, con tre anni di carcere. Questa decisione inaugura quella che è già stata definita una “nuova era” per i diritti delle donne in tutto il continente.
La credenza tradizionale afferma che tagliare i genitali esterni di una ragazza garantisce l’onore della famiglia e migliora le sue prospettive nel matrimonio: essa tuttavia può causare infezioni, infertilità o complicazioni durante il parto, oltre a ridurre notevolmente il piacere sessuale per le donne. Si stima che 200 milioni di ragazze in tutto il mondo siano state sottoposte a questa pratica in almeno 27 paesi africani, in Asia e in Medio Oriente.
Nell’ultimo anno i sudanesi sono scesi in strada e hanno espulso l’autocrate Omar al-Bashir. Il governo di transizione si è impegnato a dare la priorità ai diritti delle donne e il primo ministro Abdulla Hamdok ha nominato diverse donne in posizioni di rilievo negli affari esteri, gioventù e sport, istruzione superiore, lavoro e sviluppo sociale. Il nuovo regime ha anche abrogato la legge che limita la libertà delle donne di vestirsi, muoversi, associarsi, lavorare e studiare.
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Fonte: Sudan News Agency; Equality Now – 29 aprile 2020
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