I talebani che hanno preso il potere in Afganistan impongono alle donne di restare in casa o di indossare in pubblico un burqa nero che copre il capo, il volto e tutto il corpo. Queste, insieme ad altre prescrizioni restrittive, hanno stimolato la reazione delle donne afgane che rivendicano la privazione della loro libertà di scelta.
Per questo motivo è nato un movimento che utilizza i social media per comunicare e ribellarsi. Bahar Jalali, ex professoressa di storia all’Università americana in Afganistan, ha sfidato i divieti talebani postando su Twitter una sua foto in abiti tradizionali e chiedendo ad altre donne di fare lo stesso. “Voglio informare il mondo che gli abiti che vedete sui media non sono la nostra cultura, non sono la nostra identità”, ha scritto. Altre donne afgane hanno seguito l’esempio, condividendo una grande varietà di abiti audacemente colorati con l’hashtag #DoNotTouchMyClothes (Non toccare i miei abiti). I post rivendicano colori e tradizioni mettendo in discussione il nuovo ordine talebano.
Alcune donne afgane hanno scelto da tempo e liberamente di indossare il velo. Shekiba Teimori, cantante e attivista recentemente fuggita da Kabul, ha detto che: “L’hijab esisteva prima della caduta di Kabul ma questo si basava su decisioni familiari e non sul governo". I post #DoNotTouchMyClothes secondo Ruhi Khan della London School of Economics “non è solo una protesta contro l’abbigliamento imposto dai talebani ma anche contro l’idea occidentale di ciò che le donne afghane dovrebbero indossare”.
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Fonte: Bahar Jalali; Sodaba; CNN – 17 settembre 2021
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