per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
Giornalista, autrice e curatrice in cultura ed esteri per la Rai, Radio3 Rai per giornali locali e Eataly Roma.
Cos’è per lei una buona notizia?
Una notizia che comincia male ma finisce bene, nella quale si trovano soluzioni su questioni e problemi: si può sempre trovare il lato positivo nelle cose, bisogna solo starci attenti. Spesso è più facile vedere quello negativo e per vedere quello positivo bisogna faticare, dobbiamo riflettere di più. Ma se chi ha il dovere di informare non fa questo sforzo, nel pubblico si diffonde l’idea che tutto va male. Per vedere il lato positivo, tuttavia, è necessario andare sul campo, vedere con i propri occhi.
Qual è per lei il ruolo dell’informazione nel benessere della società?
L’informazione è l’ago della bilancia di una società. È più facile fare un’informazione terroristica, sicuramente: fa più presa, le persone si mettono in allerta quando sentono notizie negative. Ma leggere la realtà da diverse angolature permette alla società di avere anche altri punti di vista, forse più intelligenti.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Il cerco sempre di far ragionare le persone sulle cose, di non buttare li la prima cosa che ci viene in mente: far vedere le ragioni degli altri è fondamentale. Spesso mi dicono che sono troppo, per questo motivo. Dubito sempre delle cose messe li in modo troppo semplice e non prendo per buono tutto quello che leggo. È una questione di capacità critica, verifica e onestà intellettuale.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Secondo me il giornalismo italiano, per come lavora in questo momento, non è in grado di ridurre la conflittualità. Siamo convinti che senza conflittualità non ci sia notizia. Anche se ho intervistato recentemente due direttrici di riviste donne che mi hanno fatta ricredere: mi sono resa conto che entrambe lavoravano per mettere in luce cose belle su cui ragionare. Forse le donne sanno farlo più dei colleghi maschi e, sempre forse, lo fanno perché sono più propense a tenere insieme la società, la famiglia, il gruppo, mentre l’uomo ha una natura più conflittuale. D’altra parte ci sono comunque alcuni giornali che hanno già preso da tempo la strada dell’informazione costruttiva e la portano avanti. E molte direttrici di testate importanti sono donne oggigiorno. Qualcosa sta cambiando?
Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzo pieno?
Sicuramente vedere le cose positive anche nelle cose negative. È un’attitudine mentale. Chiaramente anche io vedo vedo il mezzo vuoto, quello c’è. Ma allo stesso tempo si può trovare la positività. Eccetto che nei lutti, in quelli non vedo nulla di positivo. In generale vedere mezzo pieno aiuta a non arrabbiarsi troppo e a non rovinarsi le giornate.
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