La crisi innescata dalla pandemia ha penalizzato il lavoro nero più di quello regolare. Nel 2020 l’economia non osservata, la somma dell’economia sommersa e delle attività illegali, è crollata del 14,1%, più velocemente del PIL che nello stesso periodo è sceso del 7,6%, portandone l’incidenza sul prodotto interno lordo italiano dall’11,3% del 2019 al 10,5%. Lo rileva l’Istat nell’ultimo report sull’economia non osservata in Italia.
Le restrizioni imposte nei primi mesi della pandemia hanno impedito a molti italiani di recarsi sul posto di lavoro, questo fenomeno ha coinvolto in misura maggiore i lavoratori illegali. I lavoratori irregolari a tempo pieno sono stati circa 2,93 milioni, il 18,4% in meno rispetto all’anno precedente, quasi il doppio della diminuzione registrata da quelli regolari (-9,9%).
I settori più colpiti sono stati quelli degli “Altri servizi alle persone” che comprendono i lavori domestici e di assistenza e le attività di intrattenimento, dove il lavoro sommerso costituisce il 34,2% del valore aggiunto, il commercio, i trasporti, l’alloggio e la ristorazione (22,1%) e le costruzioni (19,3%).
Il fenomeno risulta invece più contenuto nei tre comparti dell’industria, con un impatto compreso tra l’1,1 e il 2,6% e negli altri servizi alle imprese (1,5%). Nel settore primario il valore aggiunto sommerso, generato solo dalla componente di lavoro irregolare, rappresenta il 16,9% del totale del comparto agricolo.
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Fonte: Istat
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