Le nuove neuroscienze stanno modificando la comprensione del processo della morte. Una nuova evidenza si sta consolidando tra i ricercatori sul fatto che il momento in cui si spegne la luce della vita sia una in realtà un processo più che una soglia in cui non è definito un punto chiaro di non ritorno.

Gli scienziati stanno dimostrando che il cervello e gli altri organi possono sopravvivere a livelli sorprendenti di privazione di ossigeno. Ricercatori della Fudan University di Shanghai hanno dimostrato che porzioni di tessuto cerebrale umano congelate per 48 ore e poi scongelate sono tornate a funzionare normalmente senza subire danni. All’università di Yale sono stati in grado di recuperare molte funzioni in diversi organi, inclusi cervello e cuore, in maiali deceduti sei ore prima, riattivando la circolazione e numerose funzioni cellulari chiave.
Anche altri organi sembrano poter essere recuperati molto più a lungo di quanto non si veda nella pratica medica attuale, aprendo la possibilità di ampliare la disponibilità di donazioni di organi.

“Questi studi hanno dimostrato che la linea di demarcazione tra la vita e la morte non è così netta come pensavamo”, afferma Nenad Sestan della Yale School of Medicine. “La morte richiede più tempo di quanto pensassimo e alcuni dei processi possono essere fermati e invertiti”. Diversi studi hanno anche suggerito che il cervello umano è migliore di quanto si pensasse nel gestire la mancanza di ossigeno dopo che il cuore ha smesso di battere.
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Fonte: MIT Technology Review; Cell Reports Methods; foto di Skitterphoto