CAMBIARE IL MODO IN CUI IL LAVORO SI RAPPORTA CON LE ABILITÀ
L’integrazione delle capacità e delle doti individuali e delle disabilità, nel contesto aziendale, è un processo che, oltre ad essere previsto dalla legge italiana, si presenta come una opportunità per arricchire i luoghi di lavoro, anche grazie alle nuove tecnologie.
“Oggi abbiamo la prima generazione di ex ragazzi dislessici che si propone nel mondo del lavoro” spiega Elio Benvenuti, dislessico e disability manager. “In Italia si stima siano circa 3 milioni le persone con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), il 5,3% della popolazione” racconta a Mezzopieno.
Questi disturbi sono diagnosticati in maniera diffusa da meno di 15 anni e non sono ancora molto conosciuti, soprattutto nel mondo adulto e del lavoro. Oltre il 70% di queste persone incontra difficoltà nel proprio impiego imputabili alla lettura, alla scrittura o alla memorizzazione e il 12% riferisce di essere stato licenziato per cause imputabili alla gestione della DSA.
“I manuali di istruzione e tecnici, le procedure e le guide per i processi sono spesso incomprensibili e non solo per i DSA. Per questo le nuove tecnologie sono un grande aiuto”. Sistemi di lettura automatica e di sintesi vocale, modelli visivi, video tutoria e intelligenza artificiale offrono la possibilità di non fermarsi al supporto con il quale sono trasmesse le informazioni.
“L’uso delle opzioni di accessibilità già esistenti nella maggior parte dei device che tutti oggi abbiamo è uno strumento efficientissimo e alla portata di ogni persona”. Benvenuti lavora con diverse associazioni e come consulente assicurativo per un importante gruppo italiano nel campo finanziario dove ha contributo a dematerializzare i documenti cartacei “un’operazione che è servita anche per semplificare la vita a chi non rientra nei DSA” dice. Il suo impegno è quello di abbattere lo stigma legato alla dislessia e più in generale alla disabilità.
“Dovremmo abituarci a ragionare non per sottrazione ma per addizione. Chi ha delle difficoltà ha imparato nella vita a sviluppare delle competenze alternative e questo è un valore fortissimo, anche nel lavoro”.
Il percorso di certificazione Dyslexia Friendly Company nelle Aziende dell’Associazione Italiana Dislessia si propone di migliorare i processi aziendali per l’inclusione e la valorizzazione delle persone con Disturbi Specifici dell’Apprendimento e prevede un percorso mirato a una revisione dei processi interni di selezione, formazione, gestione e sviluppo del personale. Attivo dal 2016 in Italia ha certificato aziende come TIM, Intesa San Paolo, AXIA, Autostrade per l’Italia.
LE BUONE PRASSI MEZZOPIENO AL LAVORO
Dal programma Mezzopieno per l’organizzazione positiva del lavoro
IL MANAGER DELLA DIVERSITÀ: FARE DELLE DIFFERENZE UNA FORZA
Il lavoro è parte del progetto di vita di ogni persona e di una visione progettuale di lungo termine. In questo contesto, il ruolo delle persone con disabilità assume un significato diverso dal passato e si rinforza di un valore che va oltre la solidarietà e l’inclusione. Il D.lgs. 151/2015 (Jobs act), contiene un pacchetto di disposizioni che facilitano questo percorso, con particolare riferimento a: l’istituzione della Banca dati del collocamento mirato, la modifica del sistema degli incentivi e l’introduzione del finanziamento forfettario parziale di tutti quegli “accomodamenti ragionevoli” previsti dalla Convenzione ONU che consentano la valorizzazione del lavoro delle persone disabili senza comportare oneri sproporzionati alle imprese.
Da questo decreto è nata la figura del “responsabile dell’inserimento lavorativo” individuato dalla legislazione come nuovo ruolo nel settore delle risorse umane. Il disability manager si occupa di curare il processo di integrazione lavorativa delle persone disabili e svantaggiate all’interno delle imprese e degli enti pubblici.
La sua evoluzione in senso allargato è il diversity manager o l’inclusion manager, figura che ha il compito di implementare le politiche e le prassi che favoriscono l’integrazione e la valorizzazione delle diverse categorie, peculiarità, provenienze ed appartenenze dei lavoratori, comprendendone i bisogni. Un approccio soprattutto culturale che si pone nei confronti dei profili etnici, di genere, di orientamento religioso o sessuale ma anche delle classi di età o intergenerazionale.
Questo modo di intendere le differenze permette di uscire dalle gabbie settoriali che spesso esistono e dai bias mentali e tecnici, favorendo il fiorire e la contaminazione dei talenti e delle idee, compensando le diversità, creando un ambiente più aperto, capace, creativo e stimolante.
La diversità, se messa nelle condizioni giuste, può creare valore e diventare un motore di stimolo e di gratificazione, una forza per tutta l’impresa.
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Questa testimonianza appare su Mezzopieno News #47