La buona notizia del giorno ■
Le carceri di Parma e di Terni hanno riconosciuto il diritto dei detenuti ad avere momenti di intimità con i propri partner, anche dietro le sbarre. Si tratta delle prime in Italia a dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 10/2024 che rende illegittimo il controllo a vista da parte del personale di custodia durante le visite, per garantire il diritto alla libera espressione dell’affettività, anche nella componente sessuale.
I magistrati di sorveglianza hanno emesso delle ordinanze che obbligano gli istituti penitenziari alla creazione di spazi dove tenere i colloqui intimi, per evitare l’impoverimento delle relazioni personali e il rischio della disgregazione sentimentale. L’obiettivo è facilitare la risocializzazione, prevenire la desertificazione affettiva e preservare la capacità generativa e il desiderio genitoriale dei detenuti. L’introduzione delle cosiddette “stanze dell’amore” nelle carceri italiane rappresenta una novità nel sistema penitenziario che affronta il problema dell’isolamento emotivo dei detenuti e che mira a contribuire a migliorare il loro benessere psicologico e a ridurre i tassi di suicidio e autolesionismo.
“L’impossibilità per chi si trova in carcere di coltivare relazioni affettive con i propri partner è una pena accessoria anacronistica” dichiara l’associazione per i diritti del sistema penale Antigone. La sentenza, definita storica, rende l’affettività e la sessualità un diritto di cui possono godere anche le persone in regime di detenzione, riconoscendo come la privazione della libertà personale non possa comportare anche la negazione di altri diritti fondamentali, tra i quali quello di mantenere relazioni affettive e intime.
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Fonte: Ufficio di sorveglianza di Spoleto; Corte Costituzionale; Antigone Onlus; immagine di Mizuno K

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