Idomeni
è un piccolissimo villaggio della Grecia che conta 150 abitanti, soprattutto
pensionati. Nell’ultimo anno ha visto il passaggio di circa un milione di profughi
e dal 6 marzo 2016, quando i flussi hanno incominciato ad essere regolati, tra i 10-15 mila rifugiati sono rimasti bloccati qui. La
signora Panagiota Vasileiadou,
82 anni, si dedica a loro offrendo tutto quello che può.
La
chiamano “nonnina”, i rifugiati sono la sua famiglia: nella sua casa ne
ospita attualmente cinque e molti altri le fanno visita durante il giorno. A
tutti offre un pasto, una doccia, vestiti, affetto e conforto. Lei parla solo
il greco, ma la comunicazione funziona ugualmente con i gesti, i sorrisi e gli
abbracci.
Panagiota
non è ricca, la sua pensione è di 450 euro al mese, ma volentieri condivide
quel poco che ha. Perché lei stessa, durante la Seconda Guerra Mondiale, è
stata una profuga: “La nostra casa – racconta – è stata bruciata,
l’unica cosa che c’era rimasta era la camicia da notte che indossavamo quando
la casa è andata a fuoco”.
Lo scorso anno un’altra nonnina greca dell’isola di Lesbo,
Emilia Kanvisi, 85 anni, è diventata famosa sul web per un’immagine che la
ritrae mentre tiene in braccio un neonato che allatta col biberon. Con lei,
altre due nonnine che hanno aiutato i profughi in arrivo dalla Turchia. Un
gesto semplice ma dall’impatto così forte che Emila è stata candidata al Premio
Nobel.