In Puglia e Basilicata associazioni attive
nel sociale e imprese che operano nel settore agricolo e della comunicazione si
sono messe insieme per provare, nel loro piccolo, a ricostruire la filiera del pomodoro
dalla raccolta alla trasformazione, creando un prodotto di qualità: biologico e buono ma soprattutto non inquinato dallo sfruttamento dei braccianti, dal
caporalato e dalle irregolarità contrattuali.
Un team di italiani e stranieri ha quindi deciso
di provare a raccontare una storia diversa con Funky Tomato, un progetto di
filiera etica partecipata in cui il consumatore, che preacquista il prodotto,
segue e supporta le varie fasi. Agricoltori, agronomi, braccianti, artisti,
cuochi e artigiani sono impegnati a produrre una salsa di pomodoro condita di musica,
immagini e storie. Il progetto coinvolge anche artisti che raccontano ciò che
accade nelle campagne dove il pomodoro “funky” viene coltivato, registrando
suoni, montando video, realizzando opere di arte figurativa che diventando
ulteriori occasioni per coltivare le relazioni umane e valorizzare il senso
profondo della filiera.
I pomodori vengono coltivati in Puglia, a Palazzo San
Gervasio e Cerignola, con le pratiche dell’agricoltura naturale (dalla semina alla
raccolta a mano) e trasformati a Potenza. Ai piccoli agricoltori viene
garantito un prezzo di acquisto equo che consenta loro di mettere in regola i
lavoratori. Parte della produzione di quest’anno è già stata preacquistata a
luglio: con il preacquisto il cliente, oltre ad avere uno sconto, può sostenere
e seguire attivamente la produzione del pomodoro in un processo di
partecipazione e responsabilizzazione.
L’impresa “Funky Tomato” aderisce alla rete “Sfrutta Zero”
insieme ad altre realtà analoghe che si stanno diffondendo nel Sud Italia con
l’obiettivo di contrastare lo sfruttamento del lavoro e cambiare le relazioni
tra datori di lavoro e dipendenti ma anche tra produttori e consumatori, tra
campagna e città.
Fonte: Funky Tomato