Il Consiglio Regionale della regione dell’Ucayali, nel cuore del Perù, ha deciso di abrogare la norma che destinava un’area di 100.000 ettari di foresta amazzonica allo sfruttamento intensivo per la raccolta del legname e per la trivellazione a fini estrattivi.
La battaglia condotta dalle popolazioni indigene e da molte organizzazioni della società civile ha portato alla cancellazione definitiva della legge regionale che cercava di formalizzare “i criteri e le procedure per l’esclusione dei terreni da: forestazione permanente, protezione ambientale, divieto di installazione di produzioni industriali, aree di conservazione e concessioni di ecoturismo nella regione”. Nell’ottobre 2018, il capo del National Forest and Wildlife Service – un’agenzia del ministero dell’Agricoltura e dell’irrigazione – ha iniziato una battaglia per chiedere formalmente l’abrogazione dell’ordinanza “per violazione dei limiti delle competenze dei governi regionali”. Nel caso particolare di Ucayali, la foresta interessata appartiene al territorio ancestrale della popolazione di Santa Clara de Uchunya, che vive in queste terre da almeno 30 secoli.
Questo provvedimento segue la decisione del mese di gennaio in cui le autorità peruviane hanno sospeso le autorizzazioni per consentire lo sviluppo di tre giacimenti di petrolio nella regione di Loreto, situata nell’Amazzonia settentrionale del Perù. Con queste due iniziative il Governo peruviano mostra di essere uscito dall’immobilismo e dalla debolezza nei confronti dei grandi interessi economici e della corruzione che hanno permesso decenni di sfruttamento incontrollato della foresta. La nuova linea del Governo di Lima ha evitato che le terre forestali siano cedute all’agroindustria, al disboscamento e ai cartelli della droga.
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Fonte: Instituto de Defensa Legal; Region Ucuyali; Reuters – 18 febbraio 2020
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