per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
Giornalista, saggista e formatrice. Ha diretto per molti anni VpS, testata di informazione sulla cooperazione internazionale edita da Focsiv, la più grande federazione di ong italiane. Ha fondato Ong 2.0, network, community e online training center sull’uso delle tecnologie digitali per il sociale e lo sviluppo. È autrice tra gli altri di: Bugie nucleari (Ega, 2010) e Cittadini del mondo (EMI, 1998).
Qual è il ruolo dell’informazione sul benessere della società?
Il ruolo dell’informazione è importantissimo perché è con l’informazione che si costruisce la visione del mondo nella popolazione. Se c’è un’informazione allarmistica, si costruirà una visione allarmistica del mondo, se si ha un’informazione equilibrata si avrà di conseguenza una visione in questo senso. È un’opinione comprovata da molti studi di settore: l’informazione ha un ruolo fondamentale nella definizione dell’immaginario collettivo e quindi nella creazione dell’idea di mondo che i cittadini hanno.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Assolutamente sì. Ci sono stati molti esempi concreti in questo senso. Ad esempio, nei casi estremi dei Paesi in
guerra i media hanno avuto in alcuni casi un ruolo devastante nel fomentare il clima di conflittualità oppure dall’altro nello svolgere un ruolo di pacificazione, raccontando storie umane di solidarietà pur in contesti difficilissimi. Ne è un esempio emblematico il caso del Rwanda nel ‘94, dove Radio Mille Collines ha fomentato il genocidio, sostenendo i massacri anche dal punto di vista logistico, informando sulla posizione dei fuggitivi, ed è diventato un caso studio su tutti i manuali. Ma altrettanto importante, anche se meno conosciuto, è stato il caso di radio Isanganiro in Burundi, che raccogliendo centinaia di storie di famiglie Hutu che hanno aiutato e salvato famiglie Tutzi, e viceversa, ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di pacificazione. Questi esempi per ribadire il ruolo e le responsabilità enormi dell’informazione nella costruzione dell’immaginario collettivo. I media, a seconda del tipo di notizie che riportano, possono costruire o decostruire la coscienza di appartenenza civica a una nazione.
Cos’è per lei una buona notizia?
Una buona notizia è prima di tutto una notizia vera, verificata, il più possibile oggettiva e non di parte. Se le
notizie corrispondono alla realtà, non possono essere solo negative, perché la realtà è fatta di molte sfaccettature e anche di molti elementi positivi, di solidarietà, di miglioramento. L’osservazione profonda e imparziale della
realtà dovrebbe necessariamente portare a individuare notizie di diverso segno. Invece spesso le notizie positive non emergono, proprio perché l’osservazione non è imparziale, ma spesso finalizzata a obiettivi specifici.
Gli elementi per me essenziali sono l’oggettività e verificabilità della notizia, come già dicevo prima. Una buona
notizia non deve essere un’opinione, ma un fatto reale, e deve fare emergere la realtà in tutte le sue sfaccettature, in particolare in quegli elementi di positività, di speranza e di evoluzione di cui la realtà è comunque costituita.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Per tanti anni mi sono occupata di informazione sulle tematiche dello sviluppo e del Sud del mondo, che sono una di quelle realtà pochissimo rappresentate dall’informazione mainstream o, se raccontate, spesso vittime di stereotipi e preconcetti negativi, quali la fame, la guerra, la miseria. Me ne sono occupata cercando di offrire un’immagine diversa, che cercasse di uscire dagli stereotipi per raccontare le storie reali delle persone nel Sud del mondo o di chi qui si occupa di questi temi, che sono spesso anche storie di speranza e di successo. Adesso, in particolare con l’attività di Ong 2.0, mi occupo di queste stesse tematiche, ma con un approccio più focalizzato sui nuovi mezzi di comunicazione digitali e sulle tecnologie dell’informazione per lo sviluppo. Le nuove tecnologie esponenziali sono oggi una frontiera importantissima per il benessere della società perché, proprio per le loro potenzialità enormi, possono sostenere l’informazione, la partecipazione e l’empowerment di tutti cittadini oppure viceversa diventare fattore di alienazione e di messa in crisi dell’equilibrio delle nostre società. Solo una conoscenza approfondita e una coscienza critica dei mezzi di informazione vecchi e nuovi permette di avere cittadini consapevoli. E c’è moltissimo da lavorare in questo senso.
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